martedì 4 giugno 2013

Se...

Se ritenere che non servano riforme costituzionali vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che non servano perchè forse il problema non sono le regole del gioco ma i giocatori vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che cambiare le istituzioni non serva a nulla se prima non migliora un pò chi deve abitarle vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che difendere l'attuale Costituzione non sia la reazionaria difesa di un mito ma un invito alla sua piena applicazione vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che la Costituzione italiana dia tutti gli strumenti per realizzare una buona democrazia rappresentativa ma che al momento quegli strumenti chiamati "corpi intermedi" siano alla deriva vuol dire essere un conservatore sì, io lo sono.
Se ritenere che la vera questione sia nel ridare senso e vita ai corpi intermedi, partiti su tutti, vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che la nostra Costituzione non sia vecchia dopo soli sessantacinque anni vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che la Gran Bretagna e gli USA siano ancora delle democrazie valide pur andando avanti con la stessa impalcatura costituzionale da centinaia di anni vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che a differenza della Gran Bretagna e degli USA le criticità nascano dalla scadente qualità della classe dirigente italiana, specialmente politica, che si riverbera in una debolezza degli enti intermedi vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono. 
Se ritenere che tra i padri costituenti vi siano state alcune delle migliori, lucide e lungimiranti menti della storia recente italiana vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che coloro che pretendono di innovare la Costituzione non siano all'altezza dei padri costituenti nè di ciò da loro prodotto vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che per cambiare le fondamenta della Costituzione occorra un'Assemblea Costituente e che una semplice commissione sia illegittima vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che ogni costituzione non rappresenti solo un mero eleaborato teorico ma anche il carattere, la storia e lo spirito di un popolo vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che la costituzione americana rispecchi la caratteristica tensione alla libertà e alla costruzione della felicita del popolo americano vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che la costituzione inglese non scritta ma rispettata rispecchi il noto pragmatismo del popolo inglese vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che le cinque repubbliche attraversate dai francesi rispecchino la loro storica irrequietezza vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che sì, la Francia è passata dalla quarta repubblica parlamentare alla quinta presidenziale, ma chi l'ha rivoltata è stato un certo Charles De Gaulle e non Quagliariello vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono. 
Se ritenere che la costituzione tedesca rispecchi anche la loro secolare esperienza federale vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che non a caso i padri costituenti abbiano scelto un regime parlamentare per gli italiani - popolo dei guelfi e dei ghibellini, dei campanili, degli scontri fratricidi, delle mille varietà - proprio perchè gli italiani si debbano "parlare" in un luogo che rappresenti e unisca le loro diversità per crescere insieme, se ciò vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che i padri costituenti avessero ben presente quanto sia facile per gli italiani nei momenti di difficoltà affidarsi inopinatamente all' "uomo della Provvidenza" vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che veniamo da anni in cui un solo uomo (in questo caso B., ma fosse stato chiunque altro) ha avuto una maggioranza parlamentare amplissima e dunque una capacità di azione politica piena ma che comunque non ha fatto nulla vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono. 
Se ritenere che in un paese in cui il sistema dell'informazione e della comunicazione, a prescindere dalle posizioni politiche, sia deformato e pregiudichi potenzialmente una corretta formazione dell'opinione pubblica vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che: "Oggi ho visto un concittadino uscire dalla banca piangendo. Gridava: non ce la faccio più a vivere con questa Costituzione!" (cit. @_zolf, twitter) vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che la priorità del popolo italiano al momento non sia la riforma costituzionale, ma la crisi economica, il lavoro, la disoccupazione giovanile, gli investimenti, un dibattito serio sui trattati europei stipulati, un sistema dell'istruzione carente, un sistema universitario martoriato, il dissesto idrogeologico, una migliore sanità ecc... vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono. 
Se ritenere che semplicemente non sia il momento opportuno per dilettarsi a dissertare sui più svariati sistemi politici ma che comunque se ne potrà parlare tranquillamente a tempo debito vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che con la stessa velocità con cui ci si occupa di formare una commissione per discutere e modificare la Costituzione si affrontasserero altre incombenze vicine al sentire del popolo italiano vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che una nuova legge elettorale che dia ai cittadini la possibilità di eleggere i candidati sia molto più urgente di un nuovo sistema istituzionale vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che al momento i livelli di demagogia e leaderismo sterile non consentano qualsivoglia svolta in senso presidenziale dello Stato vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.
Se ritenere che il sistema democratico rappresentativo sia più impegantivo perchè fondato sulla fiducia tra rappresentato e rappresentante e che sia proprio questa fiducia a mancare oggi, ma che comunque valga la pena ritentare e perseverare vuol dire essere un conservatore, sì, io lo sono.

Se essere un conservatore vuol dire essere un custode, sì, io lo sono. Perchè si custodisce, se non per il futuro?

                                                                                            V. C. 

3 commenti:

  1. Trovi il mio accordo su ogni punto!!! Le riforme, soprattutto quelle istituzionali, non devono essere degli spot pubblicitari di qualche "prodotto" governativo. Se prima non cambia la mentalità dei cittadini italiani le "riforme" rischiano di essere un vero boomerang che, prima o poi, ritornerà indietro facendo male. Il solo rendere efficiente ciò che esiste, sarebbe un grande passo in avanti per gli italiani e l'Italia.

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  2. Sull'opportunità politica penso che questo non sia l'unico tema del Governo; e poi rilevo che è da più di 30 anni che si vuole riformare l'assetto istituzionale. Mi sembra una tappa di un percorso iniziato ben prima che nascessimo, piuttosto che un'urgenza contemporanea da risolvere in fretta. Per questi due motivi, apprezzo il tentativo di revisione. Sul merito devo ancora ragionarci seriamente.

    Certo, il sistema non funziona per ragioni politiche. Ma l'assetto istituzionale, oggi, non aiuta.

    Dell'articolo del buon Vincenzo vorrei riprendere un punto.

    Il grande e affascinante tema della Revisione costituzionale. Costituzione rigida: sono limiti sostanziali alla revisione (di tempo, di circostanza, di contenuto) quelli dettati dalle disposizioni stesse della Costituzione (espliciti) oppure impliciti, cioè ricavabili da una interpretazione (salvo che il testo costituzionale dichiari esplicitamente di escluderli, es.: art. 239, c.6, cost. Pakistan).
    Parte della nostra dottrina, riconosce nell'ambito della teoria dei limiti impliciti, che essi possano sussistere a partire da alcuni riferimenti formali (testuali), per esempio nell'art. 139 della Costituzione: "la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale". Da una ricognizione sistemica si evince come la forma repubblicana non sia un elemento estraibile e isolabile: è la combinazione di diversi princìpi che determinano un sistema, appunto, complesso (rappresentatività, principio associativo, partecipazione politica, ...).

    Eccedere i limiti comporterebbe l'esercizio di un potere costituente e non di quello costituito (costituzionale).

    Per fortuna, tutto questo non c'entra (quasi) niente! La forma di governo rientra nella parte revisionabile.

    L'unico punto dei vari "se" di Vincenzo, su cui vorrei soffermarmi è proprio quello relativo alla procedura di revisione.

    Una revisione che non ecceda i limiti, come dicevamo, rientra nell'esercizio del potere costituito, e dunque il Legislatore costituzionale deve rintracciare nella Costituzione le indicazioni per attuarla: nel nostro caso nell'art. 138 Cost..

    Alcuni autori, argomentando sulla base della differenza tra revisione e riforma (l'una circoscritta a singole disposizioni costituzionali o gruppi di disposizioni, l'altra ben più ampia, coinvolgente diversi sistemi), sostengono che modifiche come quelle relative alla forma di governo, necessiterebbero di una Assemblea Costituente, proprio perché il referendum successivo (ex art. 138, ancorché eventuale!) su un gruppo di disposizioni che spaziano (ad esempio) dal ruolo del Presidente del Consiglio, alla abrogazione di una Camera, sarebbe espressione di una volontà popolare falsata (perché il Popolo non potrebbe esprimersi sulle singole questioni ma sull'intero pacchetto).

    Ma in realtà la procedura di Assemblea Costituente non è prevista dalla Costituzione. E dunque sarebbe proprio l'inizio di una costituzione, stante il nostro ordinamento, e dunque l'esercizio di un potere costituente, e non di quello costituito. Inoltre, l'Assemblea Costituente, evidentemente formata con sistema proporzionale darebbe luogo ad un paradosso: da una parte un'Assemblea proporzionale che elabora i meccanismi di un sistema futuro, e dall'altra ben due Assemblee elette con sistema maggioritario che legiferano (con il Governo) sul presente.

    Ma l'esigenza che avvertiva Vincenzo è emersa tanto nella legge costituzionale 1/1993, istitutiva della Commissione per le riforme istituzionali c.d. De Mita-Iotti, quanto nella legge costituzionale 1/1997, istitutiva della c.d. Bicamerale. Entrambi i provvedimenti prevedevano una procedura ad hoc, sempre interrotta però dagli eventi politici ...

    .. forse i conservatori hanno qualche speranza.

    PS: spero presto di ritornare più esaustivamente sul mio punto di vista circa il tema! Ottimo articolo comunque!

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  3. Guido dI (Twitter: @GUIDOdipp)1 luglio 2013 alle ore 05:59

    Condivido e sostengo pienamente la ratio dell'articolo di Vincenzo, sebbene poi ogni singolo punto da lui individuato andrebbe approfondito.

    A mio parare, il male della nostra democrazia è l'attuale sistema partitocratico. Il vero cancro della democrazia, non è la magistratura come sostiene qualcuno a destra, è il voler concentrate tutti i poteri in mano a partiti obsoleti, vecchi, autoreferenziali, totalmente inabili a prendere decisioni e, sopratutto, sempre meno rappresentativi degli italiani. 
    Siamo governati da soggetti irresponsabili che curano solo i loro interessi e che letteralmente comprano i loro consensi con campagne pubblicitarie ingannevoli.

    In linea di principio non sono contrario a riformare una costituzione. La nostra Costituzione ammette la possibilità di essere revisionata e la nostra esperienza diretta ci insegna come le costituzioni che si pongono come rigide, alla fine, sono le più flessibili. Si pensi allo Stauto Albertino: esso stesso si definiva "perpetuo e immodificabile". Una costituzione non rigida, iper-rigida. Eppure nel suo secolo di vigenza è sempre stata derogata fino ad essere completamente svuotata di ogni contenuto dal fascismo.
    Se quindi, in astratto, non mi oppongo a tentavi di modifica del testo costituzionale, sopratutto se diretti ad adeguare le sue tutele al mutato contesto socio-culturale, non posso fare a meno di inorridire quando sento le forze politiche (tutte: destra e sinistra non c'è differenza) attribuire le cause del loro fallimento all'impianto istituzionale.
    è un po' come dire che se perdo a calcio è colpa del campo che era troppo grande, o le porte troppo piccole, o perché c'era la regola del fuori gioco e altre regole troppo restrittive.

    è condivisibile voler colmare le lacune o risolvere i problemi del nostro sistema, ma non lo si può fare solo con una riforma costituzionale. Primo perché il problema è socio-culturale ossia i problemi non li crea la Costituzione ma le persone che la applicano (o che non la applicano), quindi i politici e, a monte,  i cittadini disinteressati alla politica, o poco consapevoli o semplicemente incivili.
    Sulla carta il nostro sistema è tra i più sofisticati e civili che esistano nel mondo intero. Sono le persone che ci guidano che sono un insulto alla ragione e alla dignità umana.
    E poi i problemi da risolvere sussistono anche, e sopratutto, a livello amministrativo, burocratico, di legge ordinaria e di fonti subordinate.

    In breve, diciamoci la verità, si vuole cambiare la Costituzione solo per permettere l'elezione diretta del Presidente del Consiglio. 
    Ma un meccanismo del genere non può essere introdotto senza modificare l'intero sistema, senza riequilibrare i "pesi e contrappesi" dell'intera forma di stato e di governo. Non puoi dare più potere ad uno e non agli altri. Non puoi garantire solo uno e non gli altri. 
    Non si può inserire un ingranaggio in un motore che non lo supporta. Se cambi anche solo un meccanismo (tra l'altro uno importante) devi riadattare tutto il motore.
    Temo che si faccia troppa demagogia a riguardo e non vedo un serio interesse alle sorti del Paese.

    Quello che vedo è solo un caparbio tentativo dell'Ancient Regime di ritardare il proprio declino.

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