venerdì 23 agosto 2013

Sull'articolo 1 della Costituzione


Articolo 1 della Costituzione:

“(1)L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. (2)La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Per un grande giurista italiano, Costantino Mortati, questa disposizione sarebbe la supernorma costituzionale, a cui si riconducono tutti i principi contenuti nella Carta. Sul lavoro, sulla democrazia, sull’Italia stessa, credo ci sia pochissimo da aggiungere a quanto già detto da tanti.

Pur non essendo molto originale, mi permetto di proporre una riflessione sui “limiti” e sulle “forme” che la Costituzione impone al popolo di seguire nell’esercizio della sovranità.

Curiosità: il primo articolo è pieno di doveri, non di diritti. Questa frase forse è mendace, ma solo perché qualunque principio si traduce in diritto per qualcuno, e dovere per altri. Ma certamente il rispetto di quelle forme è un chiaro avvertimento pronunciato con la voce di Sordi alla moltitudine italica in bianco e nero: “Popolo! Tu vuoi governare? Vuoi essere sovrano? E allora rispetta l’ordine costituito, brutto popolo che non sei altro!”. Insomma, è come un intimo richiamo che il popolo rivolge a se stesso (oltre ad essere dal punto di vista giuridico la base del diritto italiano stesso). Tant’è che Calamandrei dirà: “Le dittature sorgono non dai governi che governano e durano, ma dall'impossibilità di governare dei governi democratici”. Dei mille significati che possiamo attribuire a questa frase, ne propongo uno: se non rispetti le procedure non governi, se non governi non duri, se non duri cedi il fianco all’antidemocrazia.

Potremmo citarne tanti di limiti e forme di esercizio della sovranità (forma di stato e di governo, rispetto del procedimento legislativo, del ruolo della magistratura, del ruolo del Parlamento e del governo, delle attribuzioni tra poteri dello Stato, delle disposizioni fiscali e tributarie, esercizio legittimo del potere costituito in tutte le sue forme, scongiurare a costo della carriera personale l’abuso di potere, riferirsi solo ed esclusivamente al diritto statuale per risolvere le proprie istanze ecc… ).

Ma torniamo alla governabilità. Il punto centrato da Calamandrei è sconvolgentemente verificabile in Italia. Berlusconi è stato accusato di regime, di instaurare una “larvata dittatura” sempre di Calamandreiana memoria, e qui non ci interessa approfondire la vicenda. Ma cosa accade quando in Italia si susseguono i Governi, quando movimenti di individui si muovono movimentando idee, desideri, passioni, voglie e infine istinti della plebe? Sì, voglio giocare con le parole. Accade che si origina un movimento verso il basso, come con i cicloni o meglio con lo sciacquone: movimento che poi è sinonimo di moto, che in italiano significa anche insurrezione, sommossa, tumulto. Una quasi rivoluzione.

Insomma, qualche buffone potrebbe convincerci con una “larvata rivoluzione” tanto quanto (forse, lo vedranno i posteri) il berlusconismo di inizio secolo ha giocato le sue carte in una “larvata dittatura”. 

Resta un aspetto da rilevare, lasciando ai commenti l’approfondimento dei temi solo lambiti in questo contributo, e scusandomi in anticipo per l’eventuale poca sensibilità utilizzata; se è valido in politica il c.d. principio di castrazione, secondo cui una libertà è esercitabile se da essa discendono delle precise responsabilità ben chiare a chi la esercita, potrebbe essere vero che la sovranità è esercitata dal popolo esclusivamente se il popolo è consapevole delle forme e dei limiti? Insomma, il popolo che vota e partecipa, ha un riscontro dell’esercizio della sovranità, oppure è come un povero eunuco?

Pensiamoci.

                                                                                              P.B.

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