venerdì 1 marzo 2013

Grill(ett)o



Boom. Exploit. Risultato clamoroso. Successo senza precedenti. E’ manifestata espressamente da tutti la gran sorpresa di trovarsi un MoVimento 5 Stelle primo partito al 25% dopo la due-giorni elettorale. Era imprevedibile, nessuno si sarebbe aspettato qualcosa del genere. Si è andati al di là di ogni previsione, di qualunque sondaggio.


Ne siamo sicuri? Era tutto così imperscrutabile?


No, certamente no, in molti avevano anticipato che il M5S avrebbe raggiunto risultati rilevanti pur presentandosi per la prima volta alle elezioni politiche. Ma altrettanti avevano ridimensionato la questione come non problematica, aggrappandosi al vecchio adagio non ancora chiaramente attribuito a Togliatti o a Nenni: “Piazze piene, urne vuote”.


Ebbene no, per tutti coloro che abbiano posseduto un minimo di senso e cognizione storica ma soprattutto siano riusciti a sentire il “polso” degli italiani e a decifrarne gli umori, questa situazione ha poco di sorprendente. Insomma, si poteva capire che quelle piazze sarebbero state piene e le urne anche. Urne traboccanti. Infatti quelle piazze erano diverse da piazze a noi più familiari; anche se non del tutto inedite nella storia italiana. La differenza sta nei volti e negli occhi degli italiani lì presenti, accorsi non per ascoltare con più o meno approvazione il politico di turno, ma ritrovatisi per veder finalmente incarnarsi su di un palco tutte le loro ansie, tutta la loro rabbia, tutta la loro voglia di rivalsa, tutti i loro bisogni. In Grillo si è visto colui che avrebbe portato alla luce la profondità delle insoddisfazioni del popolo italiano. Grillo rappresenta l’occasione di mettere alle corde una classe dirigente, politica e non, amorfa, incurante per anni della realtà e dei concreti problemi dei cittadini, spessissimo coinvolta in casi di  corruzione disgustosa e insopportabile. La veemenza delle parole di Grillo è, allo stato attuale, la veemenza degli italiani; lo sbraitare e l’agitarsi del corpo di Grillo è lo sbraitare degli italiani; i sogni di Grillo sono le enormi aspettative degli italiani. E Grillo ha fatto il boom.


Sì, perché Grillo, appunto, ha fatto il boom. Diciamoci la verità, la stessa piazza San Giovanni della scorsa settimana testimoniava ciò che avvenuto per tutto il tour elettorale di Grillo: il one man show di tutto il carrozzone è lui. Lui e il suo “dietro le quinte”, Gianroberto Casaleggio, comandante in capo dell’omonima azienda di strategie di marketing per la rete. Per carità, tutti coloro che sono saliti sul palco di turno prima di lui saranno anche più o meno giovani, onesti, dalla faccia pulita, “normali”  (la controprova si può avere solo in parlamento). Ma l’attesa degli astanti era tutta per lui, le piazze distratte e inizialmente sparute si colmavano di persone attente e plaudenti all’apparire di colui che volevano fosse lì, in quel momento per assorbire e sprigionare, fondamentalmente, la loro rabbia.


Sì, alla base di tutto, nonostante i fiumi di belle parole spese su programmi, ricambio generazionale, proposte varie, nuove metodologie politiche ecc…, c’è la rabbia popolare. Giustificata? Dopotutto, sì, concepibile e prevedibile visti gli ultimi vent’anni passati dal Paese e le gravi colpe di cui si è macchiata tutta la classe dirigente. Ma quanto pericolosa e incosciente se incanalata in modo sbagliato? Perché è vero, in Grillo e nel suo movimento ci saranno anche dei pregi, ma si posso trovare molti degli sbagli passati degli italiani.


La mente ritorna a due specifici periodi storici, non per fare fuorvianti paragoni, ma per ricordare esperienze. Il primo è il periodo 1919 – 1924, quello della grande tensione sociale, della crisi dello stato liberale (causata specialmente dalla stessa classe dirigente) sfociato nello svilupparsi del movimento fascista come “soluzione al caos” e nel suo andare al potere esautorando pian piano le istituzioni liberali. Il secondo è quello della fine degli anni ’60 – inizio anni ’70, periodo di grandi rivolgimenti e di fermenti socio-culturali a rischio deriva, riusciti poi ad essere contenuti in un ambito democratico ma che hanno dato vita alla stagione terroristica italiana. Il movimento di Grillo si auto-presenta come un qualcosa di totalmente diverso rispetta al passato, di inedito. In realtà si ripresentano vari errori di quegli anni, magari sotto una luce nuova, con un “lifting”, ma tali rimangono. E qualora non si facesse tesoro degli errori passati, c’è il rischio che diventino nuovi pericoli.  


Emerge chiaramente, più che mai in questi primi giorni post elettorali, che Grillo parte dal presupposto di una visione assolutistica. Tutti, coloro che sostanzialmente hanno partecipato finora alla gestione della res publica sono “morti che camminano” che saranno prontamente (e definitivamente) soppiantati. La diffusa virtù insita nella massa degli italiani, conquistando il potere, sarà capace senza ombra di dubbio di eliminare tutti gli ostacoli che precludono alla realizzazione di un organismo statale finalmente soddisfacente e funzionante. Il successo di Grillo sta anche in questo, nella deresponsabilizzazione e nella finta responsabilizzazione, cioè: gli italiani non sono gli stessi che hanno votato quelli che ora sono per loro zombie, ma invece tutti indistintamente, di colpo, formano un conglomerato di qualità pronto ad assumersi incarichi di qualunque genere, chiunque essi siano, qualsiasi cosa facciano. Al centro di tutto la rete, divinità perfetta detentrice di ogni saggezza e verità nonchè collettore di questa nuova comunità di “cittadini con l’elmetto”. Risalta in tutto ciò il classico (quindi non nuovo…) velleitarismo di origine rousseauiana di sovranità popolare pura, che spesso tanti danni ha fatto trasformandosi in autoritarismo.  Ciò si palesa in nuce nello stesso Movimento 5 Stelle: la partecipazione sembra diffusa, ma non si può nascondere che chi detta la linea sono essenzialmente Grillo, Casaleggio e il misterioso "Staff”. La tanto decantata “democrazia liquida”, il famoso “ognuno vale uno” si perdono nella concentrazione ristretta del potere decisionale nelle mani di pochi. E questo si potrebbe anche capire, ogni struttura di potere necessita di una gerarchia, ma ammetterlo, per chi ha fatto della totale democraticità il proprio baluardo, è troppo difficile.  Da qui l’illusione verso il mezzo, la rete, la fiducia cieca nelle sue possibilità ha un sentore di dittatura del principio d’autorità, autorità detenuta da chi la rete può manipolarla ed usarla a proprio piacimento (ogni riferimento è puramente casuale…).


In qualità di unica fonte di legittimazione, la rete ha anche selezionato i futuri parlamentari. I criteri adottati per la selezione sono stati decisi non si sa bene da chi (la trasparenza…), comunque al centro, si è detto, c’è il curriculum, non inteso solo in senso professionale, ma anche in senso etico-personale. Bene, sicuramente ciò contribuirà ad avere almeno persone oneste in parlamento. Ma come fanno persone che stanno a centinaia di kilometri di distanza attraverso lo schermo di un computer a conoscere l’onestà o meno di una persona? Lo stesso valga per la capacità, che in questo caso deve essere capacità politica, non altro. Di fatto, comunque, pare che ritroveremo nell’istituzione centrale dello stato molte persone per bene, seppur stiano affiorando le prime personalità di rilievo: giovani con totale inesperienza nel ramo, chiamiamolo così, della “gestione delle risorse umane”, la neo-senatrice che non sa nemmeno il numero dei senatori e dei deputati, il neo-senatore che non sa dov’è il senato né come si elegge un presidente della Repubblica, e, dulcis in fundo, quattro arditi provenienti da ambienti neofascisti. Inesperienza? Può essere. Ignoranza di fondo. Anche. Si dirà: ma non è certamente peggio di mignotte, autisti, raccomandati, figli di papà, collusi, maneggioni. No, peggio no. Ma neanche meglio. Grillo garantisce per tutti, la rabbia degli italiani garantisce per Grillo. Chi garantirà tutto il resto? Non ci resta che attendere e vedere il futuro cosa riserverà.


C’è il rischio che alla cattiva politica si sostituisca una ancor più cattiva falsa-politica. In sintesi l’Italia ha un Grilletto puntato alla tempia. Omicidio o suicidio, la fine è comunque la stessa.  

                                                                                                      V.C.

1 commento:

  1. condivido appieno la tua analisi. Grillo ha soltanto cavalcato l'onda della rabbia e dell'insoddisfazione del popolo italiano che si è sentito abbandonato, deriso e derubato. Il popolo aveva scelto nel 2008 chi poteva e doveva aiutarli ma quella classe politica ha pensato ad altro, non ha saputo far propri i bisogni della gente, non ha saputo farsi interprete di una esigenza: lavoro. I grillini non sono altro che un insieme di persone totalmente eterogenee e diverse tra loro, forse troppo, l'unico punto in comune è la rabbia contro un sistema, che hanno contribuito a creare. In quel movimento non ci sarà mai posto per la democrazia che tanto millantano. Solo un leader forte e tirannico potrà tenerli uniti, se questi dovesse venir meno, cadrebbe quel castello di carte sagacemente costruito da un master della comunicazione. Ora ci troviamo in una situazione difficile e pericolosamente sottovalutata dai politici. Siamo di fronte ad un movimento in mano a due burattinai, uno ufficiale e l'altro nascosto, segreto ma forse più potente del primo. Vedremo cosa accadrà ma l'Italia oggi rischia di vivere quella storia che ha faticosamente cercato di cancellare per tutti questi anni.

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