Articolo 1 della Costituzione:
“(1)L’Italia è una Repubblica
democratica, fondata sul lavoro. (2)La sovranità appartiene al popolo, che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Per un grande giurista italiano,
Costantino Mortati, questa disposizione sarebbe la supernorma costituzionale, a
cui si riconducono tutti i principi contenuti nella Carta. Sul lavoro, sulla
democrazia, sull’Italia stessa, credo ci sia pochissimo da aggiungere a quanto
già detto da tanti.
Pur non essendo molto originale, mi
permetto di proporre una riflessione sui “limiti” e sulle “forme” che la
Costituzione impone al popolo di seguire nell’esercizio della sovranità.
Curiosità: il primo articolo è pieno di
doveri, non di diritti. Questa frase forse è mendace, ma solo perché qualunque
principio si traduce in diritto per qualcuno, e dovere per altri. Ma certamente
il rispetto di quelle forme è un chiaro avvertimento pronunciato con la voce di
Sordi alla moltitudine italica in bianco e nero: “Popolo! Tu vuoi governare?
Vuoi essere sovrano? E allora rispetta l’ordine costituito, brutto popolo che
non sei altro!”. Insomma, è come un intimo richiamo che il popolo rivolge a se
stesso (oltre ad essere dal punto di vista giuridico la base del diritto
italiano stesso). Tant’è che Calamandrei dirà: “Le dittature sorgono non dai
governi che governano e durano, ma dall'impossibilità di governare dei governi
democratici”. Dei mille significati che possiamo attribuire a questa frase, ne
propongo uno: se non rispetti le procedure non governi, se non governi non
duri, se non duri cedi il fianco all’antidemocrazia.
Potremmo citarne tanti di limiti e forme
di esercizio della sovranità (forma di stato e di governo, rispetto del
procedimento legislativo, del ruolo della magistratura, del ruolo del
Parlamento e del governo, delle attribuzioni tra poteri dello Stato, delle
disposizioni fiscali e tributarie, esercizio legittimo del potere costituito in
tutte le sue forme, scongiurare a costo della carriera personale l’abuso di
potere, riferirsi solo ed esclusivamente al diritto statuale per risolvere le
proprie istanze ecc… ).
Ma torniamo alla governabilità. Il punto
centrato da Calamandrei è sconvolgentemente verificabile in Italia. Berlusconi
è stato accusato di regime, di instaurare una “larvata dittatura” sempre di
Calamandreiana memoria, e qui non ci interessa approfondire la vicenda. Ma cosa
accade quando in Italia si susseguono i Governi, quando movimenti di individui
si muovono movimentando idee, desideri, passioni, voglie e infine istinti della
plebe? Sì, voglio giocare con le parole. Accade che si origina un movimento
verso il basso, come con i cicloni o meglio con lo sciacquone: movimento che
poi è sinonimo di moto, che in italiano significa anche insurrezione, sommossa,
tumulto. Una quasi rivoluzione.
Insomma, qualche buffone potrebbe
convincerci con una “larvata rivoluzione” tanto quanto (forse, lo vedranno i
posteri) il berlusconismo di inizio secolo ha giocato le sue carte in una
“larvata dittatura”.
Resta un aspetto da rilevare, lasciando
ai commenti l’approfondimento dei temi solo lambiti in questo contributo, e
scusandomi in anticipo per l’eventuale poca sensibilità utilizzata; se è valido
in politica il c.d. principio di castrazione, secondo cui una libertà è
esercitabile se da essa discendono delle precise responsabilità ben chiare a
chi la esercita, potrebbe essere vero che la sovranità è esercitata dal popolo
esclusivamente se il popolo è consapevole delle forme e dei limiti? Insomma, il
popolo che vota e partecipa, ha un riscontro dell’esercizio della sovranità,
oppure è come un povero eunuco?
Pensiamoci.
P.B.